20 luglio 2015

Shaming - Una Forma Di Cannibalismo?

Il fenomeno dello "shaming" è il rimarcare tramite l'uso di ironia, sarcasmo, giudizi più o meno espliciti o diretti o addirittura tramite insulti quelli che si pensano essere i difetti e gli errori di qualcuno, farlo vergognare. Non è niente di nuovo, purtroppo, ma nell'era di internet si è ingigantito a causa dell'enorme crescita del numero di persone coinvolte in questo fenomeno.
Al giorno d'oggi lo shaming non viene più perpetrato solo nei cortili, nelle aule, per strada, nei locali, ha un palcoscenico molto più grande: quello del web.

Premetto che con quanto scriverò intendo solo esprimere mie personali riflessioni e opinioni, non lanciare accuse ma, più che altro, farmi e fare domande. Per alcune ho le mie personali risposte, per altre no.

A inizio mese, una YouTuber ha pubblicato sul suo canale un video dedicato a questo fenomeno e, a mio parere, molto calzante. Il video ha fatto il giro del web e al momento ha 13 milioni di visualizzazioni con oltre 250 mila (a mio avviso meritatissimi) like.



Questo video coglie alla perfezione il fenomeno dello shaming legato all'aspetto fisico, mostrando per ciascun aspetto presentato che non sembra esserci scampo: se non sei truccata e non sei perfetta allora sei disgustosa, se sei truccata allora sei una poco di buono. Sembra che non si riesca mai a essere contenti... degli altri.

Questo articolo, rispetto al momento in cui questo video è stato lanciato (la data di pubblicazione è del 1° luglio scorso) arriva in ritardo e ispirato non da questo specifico video ma dal mio essere entrata in contatto con altre fonti (video, blog, pagine Facebook) che mi hanno fatto capire come accada spesso che chi ha probabilmente apprezzato il messaggio di questo video possa cadere nella trappola del fare shaming ugualmente.

Premetto immediatamente che non è mia intenzione fare nomi in questo articolo ma solo analizzare una situazione generale che mi è capitata sotto gli occhi e mi ha colpita.

Personalmente sono stata fortunata quando ero una ragazzina, non mi è mai capitato di essere oggetto di prese in giro o di forti critiche. La gran parte delle insicurezze che mi appartengono (tutti hanno insicurezze, scommetto che anche un'Angelina Jolie ne ha a vagoni) derivano da cause che non sono legate a uno shaming fatto ai miei danni. Sono riuscita a passare l'adolescenza indenne da questo punto di vista e quando sono cresciuta ho imparato a slegarmi sempre di più da giudizi e opinioni altrui.

L'età, tuttavia, e magari un poco più di saggezza e sicurezza in sé, non sono una corazza impenetrabile e non credo che si possa sviluppare una vera e propria immunità, soprattutto oggi, in un'era in cui i carnefici possono diventare numerosissimi in poco tempo: basta un passo falso sui social.

Mentre navigavo su YouTube a curiosare video di tatuaggi e tatuatori, tra i video consigliati mi è capitato di vederne uno che non c'entrava nulla con questo argomento ma legato ad alcuni canali di youtuber che seguo od ho seguito. Incuriosita ho deciso di vedere il video.

Il video era un commentario, una sorta di rivista gossip su alcune youtuber italiane abbastanza in vista e rimandava a un altro video di commenti sui medesimi soggetti e temi.
Non avendo idea di quali fossero i fatti di partenza del primo video, ho deciso di vedermi anche il secondo a cui questo si riferiva. Non avendo conoscenza dei fatti primari, ho ulteriormente deciso di informarmi un minimo e sono incappata, stavolta, in una pagina Facebook pubblica che, a quanto ho visto, ha come contenuti principali i gossip riguardanti un'ampia fetta di youtuber e blogger italiani.

Ho scorso un poco il feed di questa pagina per cercare di capire quale fosse il contributo che essa voleva apportare al mondo.
Ho visto che l'attività principale era spulciare ogni possibile social di determinate figure pubbliche e commentare al riguardo, spesso e volentieri con critiche distruttive e non costruttive, sia delle suddette figure che dei commenti fatti da follower o da troll.
Dopo aver letto un po' ho chiuso e ho riflettuto.

La prima cosa su cui ho riflettuto è stata il differente approccio che personalmente ho verso questi "personaggi pubblici", che siano youtuber o blogger.
Non mi reputo esente dall'esprimere giudizi, ognuno si forma le proprie opinioni, più o meno forti, più o meno radicate, ma tendo a semplificare il più possibile il mio processo "relazionale" (per quanto di relazione a senso unico si tratti): se mi piacciono li seguo, se non mi piacciono smetto di seguirli.
A parte in rari casi, non ho l'abitudine di esprimere le mie opinioni sui social network, di solito lo faccio di persona con mia sorella e lì la cosa cade. D'altra parte non si tratta di persone che mettono le mani nella mia vita, non vedo perché io debba metterle nella loro.

Mi sono chiesta se sia una questione di età: dal mio punto di vista i social network sono nuovi, io sono cresciuta che nemmeno era ancora stato inventato il telefono cellulare e internet era ancora un progetto lontano dall'essere reso pubblico. Con la nascita del web, i primi canali social con cui mi sono trovata ad avere a che fare sono stati i forum di discussione e le chat in tempo reale. Conosco i social attuali, li uso ma il nostro è un rapporto molto dosato, più volto all'intrattenimento e alla ricerca di informazioni che alla comunicazione.
Ho visto, tuttavia, che nemmeno altre persone a me vicine, pur molto più giovani, hanno questa tendenza a usare il social network per parlare senza filtri. Potrei concludere che è più una questione di imprinting educativo che di età.

Quanto ho visto in questi video e su Facebook è stato un gusto nell'apportare critiche, a volte in modo divertente e leggero, altre volte in modo aggressivo e più pesante, alle scelte di altri. Scelte che possono essere di stile, quindi alla loro apparenza, di contenuti, quindi alla loro sostanza, critiche all'integrità, alle intenzioni, alle azioni, a chi sceglie di seguire queste persone.

La mia personale filosofia di vita è: finché non lede nessun altro, fai ciò che vuoi.
Non ho visto azioni lesive di qualcuno in tutto ciò che è stato criticato quindi mi chiedo per quale motivo sia così diffuso il gusto all'accanimento di giudizio.

La sola definizione che trovo per definirlo è "cannibalismo".
Trecentomila anni fa, quando la tecnologia era costituita solo da una lancia con una punta di selce, l'incontro tra due persone davanti alla stessa mucca poteva finire in due modi: o collaboravano e se la dividevano, o cercavano di eliminare la concorrenza per poi accaparrarsi la mucca solo per sé e il proprio villaggio.
Poi la tecnologia è evoluta, si è scoperto che le mucche si potevano anche allevare e che piante e frutti si potevano coltivare. Che si potevano costruire case invece di vivere in grotte e che a volte il giardino del vicino era più verde e i conflitti si sono perpetuati sulle risorse e gli spazi.

Man mano che allevamenti e coltivazioni venivano perfezionati e si è capito che per avere l'acqua nei campi si potevano anche costruire acquedotti e non per forza falciare i villaggi lungo i fiumi per metterci campi e propri villaggi, i conflitti hanno cominciato anche ad assumere i connotati di guerre culturali e poi di religione.
E nel mezzo di tutto questo, all'interno di ciascun popolo, si è sempre trovato il modo di litigare anche per altri motivi... come l'erba più verde del prato del vicino.

E ognuno di questi motivi, grandi o piccoli, ha generato una forma di discriminazione e giudizio, ha insegnato a guardare gli altri e non guardare sé stessi, a fare critica altrui e poca autocritica, a mettere il naso negli affari e scelte di chi non è noi o "con noi" e non a ponderare con accuratezza le proprie.

Sembra che, qualunque sia il tempo, l'essere umano senta il bisogno di avere qualcosa per cui schierarsi e per cui farsi guerra continuamente, anche fosse perché una persona ha deciso di farsi fotografare in costume da bagno e condividere questa foto sui social o perché usa titoli ambigui nei suoi articoli per farsi leggere e far aumentare i rientri economici dai banner pubblicitari.

Ci sono migliaia di battaglie aperte su reali problemi, quel genere di problemi che impediscono a ogni individuo di vivere una vita libera e serena: discriminazioni di genere, di orientamento sessuale, di razza, di religione, di estrazione sociale, abusi, sfruttamenti... perché si sceglie di perdere del tempo a dare tanto peso alla fotografia di qualcuno su Instagram invece di impegnarlo a cercare di diffondere maggiore accettazione e consapevolezza su temi davvero importanti?
Perché si sceglie di fare cannibalismo sociale invece di fare costruttivismo?

Ha davvero tanta rilevanza la foto di una donna adulta seminuda che sceglie di farsi fotografare così e di pubblicare quell'immagine per attirare più consensi e curiosità?
Ovviamente fa leva esattamente su quei meccanismi discriminanti, quelli del sessismo che vogliono la donna come oggetto sessuale ma non è la critica a questa persona a combattere il sessismo: tutto il contrario.
Finché si continuerà a gettare vergogna su questo tipo di scelte, la società continuerà a reputare vergognosa la libera scelta di una donna di esporsi come più le aggrada e continuerà ad additarla con insulti oggettificanti e svilenti.

Ha davvero tanto importanza che qualcuno usi titoloni allo scopo di attirare "like" per poter guadagnare denaro?
No, non ha importanza, perché guadagnare non è una vergogna. Se una persona sceglie di farne un business della propria attività di YouTuber o blogger, sono affari suoi: se ce la fa, tanto meglio per lei. Se non piace questa scelta, la cosa più semplice da fare è non seguirla e non regalarle quei centesimi in click.

Lo shaming non si combatte con lo shaming.
Il cannibalismo non si combatte divorando le persone.

Questa è, ovviamente, solo la mia opinione.

E per concludere questo articolo un po' fuori tema in questo blog, lascio di seguito un video interessantissimo.
Jon Ronson, un giornalista britannico, racconta la vicenda di Justine Sacco, una donna in carriera, sudafricana, che poco più di due anni fa ha pubblicato un tweet, una battuta, quella che voleva essere ironia diretta al razzismo ed è invece stata interpretata come razzista. Quel solo tweet, a causa dello shaming che ne è seguito, ha rovinato la sua carriera e la sua vita.
Il discorso dura circa 15 minuti ma sottolinea in modo eccellente questa cultura dello shaming, del giudizio, del sentirsi in dovere di saltare alla gola di qualcuno, del puntare il dito che tanto permea la nostra società.
Ne consiglio vivamente la visione.